Cara Martina,
mi hai chiesto una foto del mio ultimo viaggio in Cile: eccoti accontentata!

Ti mando quella che per me ha più significato e che mi emoziona sempre ogni volta che la guardo. Come vedi, si tratta di una bambina che lava i panni, in mezzo a pietre spaccate e polvere. Non so quale sia il suo nome, ma l’ho incontrata in un piccolo villaggio poverissimo, fatto di capanne.

Con il tour operator ci stavamo recando da Rancagua a Santiago. La strada era veramente sconnessa e tortuosa: a un certo punto abbiamo bucato una ruota del furgone che ci stava trasportando e l’autista ci ha fatto scendere per montare quella di scorta.
Mentre attendevamo che il furgone venisse riparato, alcuni miei compagni di tour e io ci siamo allontanati di qualche metro, incuriositi dalle capanne che sorgevano quasi a ridosso della strada.

Dopo essermi addentrata nel piccolo villaggio, ho visto quella bambina, che era intenta a lavare una maglia: mi sono avvicinata lentamente verso di lei e mi ha guardato con quegli occhioni limpidi, senza dire una parola. C’erano altri bambini che stavano giocando intorno. Lei era la più grande e forse abituata a svolgere alcune mansioni di “casa”, come quel rudimentale bucato. Non sembrava spaventata, ma quando ha visto che mi stavo avvicinando si è fermata improvvisamente con il suo lavoro per qualche secondo. Forse voleva capire chi ero. Deve aver notato poi il furgone in lontananza e la mia macchina fotografica: ha capito che ero una turista e ha ripreso il suo bucato. Non so che cosa stesse utilizzando per lavare: sembrava acqua con del sapone disciolto, ma non ne sono sicura.

Sono rimasta lì in piedi a osservarla per qualche minuto. Ero come rapita dalla bellezza di quella bambina, dai capelli folti e i lineamenti delicati, e al tempo stesso mi si stringeva il cuore nel vedere la sua fatica e la condizione della sua umile vita. Ho pensato che poteva avere sì e no 10 anni, che erano le 11 del mattino e che a quell’ora avrebbe magari dovuto essere a scuola, se invece di trovarsi lì fosse stata a Milano. La scuola per lei non esiste, come per gli altri bambini di quel villaggio.

Sai cosa mi ha colpito? Che nonostante l’aridità del luogo, la polvere, la povertà, la fatica, nonostante tutto, quella bambina era straordinariamente dignitosa. Non mi ha chiesto nulla: né un soldo, né un oggetto. Continuava imperterrita a lavare, senza preoccuparsi della mia presenza.

Solo quando l’autista ci ha chiamato per risalire sul furgone ho sentito la necessità di farle una foto: non volevo perdere quel momento. Ho scattato in fretta, non volevo disturbarla o farla sentire a disagio.
Lei ha alzato lo sguardo proprio mentre stavo per scattare la foto.
Il risultato è questa immagine che trovo splendida: i suoi occhi limpidi non li scorderò mai.

Tu come stai? Come sta andando il lavoro lì a Londra?
Un abbraccio,
Anna
Anna P.