La bambina lavandaia che ama giocare a nascondino
Anna è una bambina africana, orfana di entrambi i genitori. Il suo piccolo corpicino par quasi naufragare nel recipiente di alluminio dal quale spunta come un fungo autunnale. Nulla di nuovo. Quella di rifugiarsi nel recipiente di alluminio è una tattica già sperimentata altre volte per nascondersi agli occhi indiscreti. Il suo corpo è piccino, troppo piccino per la sua età. L’anno scorso, mentre giocava a nascondino con i suoi compagni di avventura, qualcosa ha cambiato la sua vita.
Anna è troppo piccola per ricordare. Probabilmente la mente ha rimosso ogni cosa, sconvolta dal fuoco lampeggiante di quell’istante. Sandra, la volontaria che gestisce la casa per il ricovero dei bambini orfani in questo paesino sperduto dell’Africa, è l’unica testimone in grado di raccontare cosa accadde in quel maledetto pomeriggio di una maledetta estate di un maledetto anno passato.
Anna stava correndo, aveva ansia di correre; voleva nascondersi in fretta per sottrarsi ad Alberto, uno dei suoi compagni di avventura, colui che impersonava per gioco il ruolo di “cacciatore di bambini”.
Anna correva per i prati spinta dallo stesso istinto con cui la preda tenta di sottrarsi alle fauci del leone. Ma in quel pomeriggio Anna fece un passo di troppo. Ella cadde nella trappola impietosa che, accuratamente celata sotto una zolla di terreno, era stata tesa da un cacciatore estraneo alla banda dei suoi compagni di avventura.
Altro cacciatore, altra banda. La mina esplose con lampo fragoroso divorando in pochi secondi le sue piccole gambe indifese.
E’ passato un anno da allora. Eccola lì, Anna: in questa foto è ritratta china sul lavabo nel giardino della casa ove abita.
E’ una piccola lavandaia intenta umilmente al suo lavoro, i cui occhi paiono voler trasmettere l’orgoglio di chi compie con dedizione il suo mestiere.
Gabriele C.