Lettera ad una bambina senza nome
Il tuo sguardo mi ha catturata fin dal primo momento che ti ho incontrato. Sono trascorsi dei giorni, ma la tua espressione continua a perseguitarmi, i tuoi occhi non smettono di interrogarmi. Ma se le mie domande possono trovare risposte, giuste o sbagliate che siano, esaurienti o insoddisfacenti, le tue richieste sono esaudite o si vanificano nel nulla?
Tutto intorno a te mi è sembrato assenza. Il tuo sguardo è smarrito.
Improvvisamente mi assale un dubbio: io sono qui e mi pongo tante domande semplicemente perché mi trovo nella condizione di poter operare confronti. Godo di privilegi che a te non sono concessi, o ti sono stati negati.
Io ho avuto l’occasione di conoscere il tuo mondo; tu, molto probabilmente, non avrai l’opportunità di conoscere il mio. I nostri sguardi si sono incrociati per un attimo, il tuo ha lasciato un segno in me, tu forse hai già dimenticato.
Uno spazio infinito ci separa, una distanza incolmabile.
Tu appartieni a quella parte di mondo dove non si ha il diritto di porre domande, forse neanche a se stessi, dove una bambina della tua età non ha il diritto di sognare.
Mi piacerebbe poterti donare la spensieratezza perché ho visto nei tuoi occhi il peso della responsabilità: un obbligo troppo gravoso per la tua tenera età. Mi piacerebbe poterti restituire la tua infanzia perché qualcuno te l’ha sottratta, ma apparteneva solo a te.
Graziella P.