METARIFLESSIONE FINALE

Insegnare: oggi, come forse mai, insegnare è attività complessa; l’ambiente in cui ci si trova ad operare è unico ed instabile.
Ogni scuola è un mondo a sé e ogni classe è diversa da tutte le altre. Ciò che funziona una volta non funziona, necessariamente, la volta successiva.
La mente dei ragazzi è sollecitata da molteplici stimoli e fonti di informazione: e questo già dalla più tenera età. Se i giovani della mia generazione studiavano perché dovevano; stavano attenti, o per lo meno in silenzio, nel corso delle lezioni perché questa era la regola, le cose oggi sono decisamente cambiate. La scuola ha perso la capacità di porsi e imporsi come agenzia culturale, educativa e formativa determinante. Non è più avvertita, dai giovani e spesso neppure dalle famiglie, come punto di riferimento imprescindibile per la crescita. Se come futuri insegnanti crediamo ancora nelle potenzialità della scuola come “maestra di vita”; se crediamo che ciascuno di noi sia ciò che ha letto, imparato e che ciascun popolo, che l’umanità sia ciò che ha letto e imparato come collettività, ecco che diventa essenziale trovare i modi che ci consentono di penetrare nelle menti e nei cuori dei nostri bambini e ragazzi.
Insegnare e studiare la storia, la letteratura non sarà e non dovrà essere un puro esercizio accademico; sarà e dovrà essere un viaggio verso l’educazione della persona nella sua interezza.
Sviluppare la capacità di riflessione critica ai fini dell’orientamento nella realtà contemporanea, della formazione dell’uomo; rinvenire nella tradizione letteraria, artistica, storica gli elementi che fondano l’identità culturale della nostra civiltà sarà allora l’obiettivo primario.
Detto questo, come fare?
Ritengo si debba avere, come insegnanti, l’umiltà di mettersi almeno un po’ in gioco; avere l’umiltà di porsi con gli studenti in una relazione di scambio e apertura tale per cui il passaggio di conoscenza sia reciproco. L’insegnante dovrebbe ponderare con molta intelligenza quanto, quando e come “mettersi” in cattedra consapevole dell’importanza che in ogni processo cognitivo assume il momento della costruzione del proprio sapere. Gli studenti arrivano in classe con una salda visione del mondo formata da anni di esperienze e apprendimenti da cui non possiamo prescindere, neppure qualora ritenessimo tali conoscenze e convinzioni discutibili o fuorvianti. Cambiare il proprio punto di vista richiede molto lavoro, fatica e animo davvero ben disposto. Deve valerne la pena! Promuovere la costruzione di nuove idee e nuovo sapere significa creare e garantire per tutti le opportunità di avere una voce.
I laboratori fin qui seguiti ci hanno proposto come modalità di lavoro particolarmente significativa quella promossa dalla didattica costruttivista e costruzionista.
Sicuramente gli studenti apprendono meglio facendo: la sfida è individuare e proporre di volta in volta gli strumenti migliori e più funzionali alla costruzione del sapere e al raggiungimento dei risultati che ci prefiggiamo e che dobbiamo avere naturalmente ben chiari. Insegnanti e materiali didattici devono diventare risorse all’interno dei processi attraverso cui l’apprendimento si attualizza.
Ci sono state proposte interessanti tecniche di lavoro per esercitare “funzioni” intellettive e relazionali di sicuro valore (brain-storming, costruzione di mappe cognitive, esercizio della coppia che ragiona, lavoro di gruppo, didattica per progetti, scrittura epistemica…).
Una delle maggiori difficoltà dei nostri tempi (o forse di tutti i tempi) è legata alla capacità di ascolto inteso nel senso più profondo del termine: capacità, cioè, di accogliere in sé, in modo critico e consapevole, le opinioni degli altri, vagliarle, ponderarle, fosse anche solo per rifiutarle.
Porre i giovani in situazioni in cui possano, in modo protetto, sperimentare e potenziare la loro capacità di analisi, ricerca, selezione e confronto di materiali e informazioni; condurli, attraverso organizzati e mirati lavori di gruppo, alla capacità di farsi carico non solo dei propri meriti e demeriti ma anche di quelli dei propri compagni di “viaggio”; guidarli nell’accettazione e accoglienza della diversità intesa come valore e nella gestione dei conflitti credo sia un grande regalo che possiamo fare ai ragazzi di oggi e a noi stessi. Interessanti, al proposito, anche gli spunti offerti dalle riflessioni sulla scrittura epistemica: potenziare la capacità di scrittura riflettendo sul valore che ha la forma rispetto all’espressione dei contenuti mi sembra di particolare valore soprattutto in un momento storico in cui spesso si ha la percezione di un’assoluta preponderanza della forma intesa come vuota apparenza. Credo che alla “forma” debba essere restituita la dignità che le spetta. Credo che anche la “forma” abbia molte cose da dire e che non sia quasi mai indifferente rispetto alla sostanza. La forma in cui scegliamo di presentare noi stessi o i nostri pensieri racconta molto di noi.
Ritengo sia importante indirizzare i ragazzi verso un tipo di scrittura che inserisca la verifica contenutistica e formale all’interno del processo di produzione oltreché a conclusione del proprio lavoro.
Se, come scrissi nelle prime righe di questa mia riflessione, quello cui dobbiamo mirare, come insegnanti, è l’educazione della persona nella sua interezza, allora, imparare ad esercitare costantemente e regolarmente il senso critico è un buon esercizio anche per sviluppare capacità di analisi critica nei confronti della realtà che ci circonda diffidando o per lo meno verificando le prime, spesso tropo facili, impressioni.
La maturazione di una maggiore consapevolezza, sia a livello individuale, sia a livello di collettività, forse, verrà di conseguenza.

Annamaria F.