METARIFLESSIONE FINALE
Innanzitutto mi viene da chiedermi in cosa si è distinto questo laboratorio rispetto agli altri seguiti finora. Anche negli altri laboratori abbiamo svolto lavori di gruppo ed esercitazioni individuali, secondo lo schema classico della formula laboratoriale, per definizione stessa pochissimo teorica e moltissimo pratica. Ma qui la pratica è stata accompagnata da una notevole libertà di scelta creativa, per esempio nella forma del testo da inviare, nei suoi contenuti… Il metodo mi sembra didatticamente stimolante: va incontro alle preferenze dell’alunno, rispetta il suo canale espressivo più congeniale, lo rende veramente partecipe di quello che fa…
Un altro elemento distintivo e proprio soltanto di questo laboratorio, mi pare consista nell’attenzione posta al confronto col gruppo come modo e mezzo di crescita individuale. Il professore di Lettere assume qui il ruolo di supervisore nella gestione del conflitto e del suo superamento. La sua figura professionale si trasforma: da semplice mediatore culturale egli si fa pedagogo, colui che si fa carico della formazione non solo cognitiva ma anche emozionale, interiore del ragazzo. In questo ambito, formule didattiche come quelle del cooperative learning possono divenire uno strumento necessario al dialogo con l’alterità. Il metodo mette il ragazzo di fronte alle differenze dei punti di vista, e quindi lo obbliga a confrontarsi con la limitatezza del proprio io quando si isola in se stesso.
Proprio perché il docente non è quindi solo un trasmettitore di saperi, ma anche in gran parte un formatore, ha bisogno di espletare questa sua funzione educatrice attraverso una didattica più dinamica di quella tradizionale. A questo fine mi sembra utile l’idea di introdurre, assieme a una didattica per concetti, una didattica per progetti tesa alla concreta elaborazione di un prodotto. In particolare penso che negli Istituti Tecnici e Professionali, di per sé orientati al pratico, alla manualità, un metodo del genere abbia delle potenzialità di successo reali a fronte della crescente noia con cui vengono vissute le lezioni puramente teoriche. Inoltre la creazione di un prodotto dovrebbe fare di un gruppo un team. In fondo, stuzzica l’idea che un testo, una poesia o un racconto abbiano il potere di fare discutere, di creare nuova comunicazione e perciò relazione. Che siano insomma al centro di un incontro.
Il rischio più alto mi appare qui la deriva, la dispersione dell’obbiettivo assegnato, perché a questo punto entrano in gioco le capacità del docente di “sapere tenere le fila”, la sua esperienza nelle dinamiche comunicative di gruppo e dei singoli ragazzi che vi concorrono. Insomma mi sembra quasi che, tranne nel caso di docenti molto dotati, le competenze normali di un insegnante non siano sufficienti allo scopo. Poiché qui non si tratta più solo di insegnare la storia, l’italiano e la geografia, ma di fare –così sembra- un po’ da psicologo, un po’ da regista, un pò da sceneggiatore…