Nella scuola, oggi, il docente si trova sistematicamente di fronte a classi eterogenee all’interno delle quali ogni componente è portatore di potenzialità, ma allo stesso tempo di problematiche diverse tra loro. Quindi, il compito dell’insegnante, in qualità di “veicolo di cultura”, è estremamente complesso e delicato.
Un problema che sicuramente accomuna le nuove generazioni è la grande difficoltà che hanno per trovare le giuste motivazioni in quello che fanno e quindi anche a scuola faticano a riconoscere il senso del tempo investito o comunque da spendere per lo studio. Di fronte a questo scenario è chiaro che nel mondo della scuola i metodi tradizionali (ad esempio la lezione frontale) non sono più proponibili ed è auspicabile che il corpo docente senta l’esigenza di rimettersi in discussione per riuscire a mettere in atto nuove strategie che possano incontrare il gradimento e la soddisfazione dei ragazzi.
L’approfondimento proposto durante le ore di laboratorio sull’approccio Socio-Costruttivista mi ha fornito nuovi spunti di riflessione su come gestire il lavoro in classe e facilitare i processi di apprendimento nella mia futura pratica didattica e, nello stesso tempo, mi ha fatto ripensare e quindi comprendere meglio alcune esperienze maturate nella mia breve esperienza nel mondo della scuola in qualità di docente.
Ho preso coscienza di quanto sia indispensabile una rivisitazione delle metodologie per evitare di generare noia negli studenti. Oggi non basta una didattica basata sul “cosa” far imparare, al contrario i contenuti devono diventare il trampolino di lancio di continue elaborazioni per giungere a nuovi saperi.
In questo senso la scuola diventa un luogo dinamico dove apprendere attraverso la condivisione e la socializzazione. Un lavoro così impostato implica partecipazione attiva in cui ogni componente diventa protagonista e invoglia anche gli studenti più riluttanti a mettersi in gioco: allora, finalmente, “tutti contribuiranno all’apprendimento di tutti”.
Se il docente riesce a trasformare una lezione “semplice”, fondata su un andamento unidirezionale insegnante/classe attraverso il solo uso del linguaggio verbale in una lezione “complessa” che utilizza una pluralità di linguaggi, gli studenti sono sicuramente sollecitati “a fare”, “a provare”, “a osare”, senza il timore di sbagliare perché, in fondo scoprono che anche l’errore è occasione di riflessione e di ulteriore crescita. Questo coinvolgimento di tipo anche emotivo se li accompagna lungo un intero percorso didattico-educativo fino all’elaborazione di un prodotto finale garantisce, sempre, una grande soddisfazione negli studenti perché percepiscono la gratificazione che scaturisce dalla consapevolezza di essere stati gli artefici di un prodotto che ha preso forma gradualmente, è stato plasmato da loro, è frutto della loro creatività, grazie ad un impegno profuso in modo costante.
Nella mia breve esperienza in qualità di docente ho spesso detto in classe: “noi siamo una squadra” e il nostro cammino insieme deve essere un “gioco di squadra”, dobbiamo, strada facendo, verificare la nostra “strategia di gioco” perché il traguardo finale lo vogliamo raggiungere “tutti insieme”. Questa idea è piaciuta molto ed è diventata una sorta di motto che ricordavo spesso, soprattutto nei momenti di scoraggiamento. Certo questo non significa che è stato un percorso facile o privo di ostacoli, anzi, l’anno scolastico volge a termine, è giunto il momento dei bilanci e i risultati complessivi mi sembrano inferiori alle aspettative. Ma, in realtà, penso che sia giusto così, avrò modo di riflettere su ciò che non ha funzionato e continuare a sperimentare. D’altra parte la scuola, secondo me, è, prima di ogni altra cosa, il luogo della “ricerca” e, in quanto tale, è un continuo evolversi e un continuo mettersi in discussione anche attraverso un incessante confronto. Ma questo modo di procedere stenta a decollare perché il docente, ancor oggi, tende a lavorare individualmente nonostante nella scuola dell’autonomia sia necessaria la trasversalità e il team-teaching.