Da un laboratorio mi aspetto sempre che fornisca elementi utili, spendibili in classe e posso affermare che in questo caso le mie aspettative non sono andate deluse.
Ritengo, infatti, che le tecniche del cooperative learning e del brainstorming siano valide alternative alla classica lezione frontale che, generalmente, si affronta in aula. Anche noi che siamo studenti adulti, grazie a questa esperienza, abbiamo potuto verificare (ad esempio nella seconda e terza lezione) come il punto di vista altrui possa divenire fattore condizionante in una successiva rielaborazione di un testo e quanto sia importante sviluppare valide capacità di ascolto.
I ragazzi del giorno d’oggi appaiono vivaci e loquaci, spesso dotati di spirito critico, ma anche ben disposti verso le nuove metodologie didattiche. Il cooperative learning mi sembra pertanto un’ottima tecnica se considerata in previsione di aumentare le capacità di ascolto, mantenere alto il livello di attenzione, stimolare a prendere appunti e indirizzare al lavoro di gruppo. In quest’ultimo caso, poi, mi ha colpito favorevolmente il sociogramma di Moreno di cui, confesso, ignoravo l’esistenza e che mi pare utilissimo per accelerare il processo di conoscenza delle dinamiche di classe da parte dell’insegnante.
Nel corso di quest’anno scolastico mi è capitato di utilizzare il brainstorming alla lavagna, nell’ambito di un percorso di educazione alla convivenza civile e alla legalità, in una scuola secondaria di primo grado. Su suggerimento di una collega, ero partita da un concetto estrapolato da un racconto; mi proponevo, tra gli altri, l’obiettivo di rendere più coeso il gruppo-classe. L’idea di impiegare delle immagini mi sembra tuttavia molto più accattivante e coinvolgente per gli studenti; altrettanto brillante mi è parso il suggerimento di un impiego di questa tecnica come rilevazione delle pre-conoscenze.
Concordo, infine, pienamente sull’importanza di creare e gestire il conflitto cognitivo al fine di produrre nuovo sapere anche se non sempre, soprattutto con i ragazzi del biennio della secondaria di primo grado si riesce a rimanere completamente fuori “dal gioco” ed essere solo osservatori.
La didattica per progetti interdisciplinari, seppur fondamentale, mi sembra ad oggi quella meno applicabile al contesto scolastico sia per la nostra condizione di docenti “precari”, non sempre considerati con la giusta considerazione dagli altri colleghi, sia per l’organizzazione complessa del setting in cui raramente abbiamo voce in capitolo.
La tecnica della scrittura epistemica può, invece, avere risvolti molto positivi se applicata con costanza nel corso dell’anno. È importante sollecitare i ragazzi a esercitare un’autovalutazione e tentare di riorganizzare i propri elaborati, imparando a porsi domande in un confronto dialettico con se stessi al fine di rendere forma e contenuti più chiari e corretti.
L’unica cosa di cui mi rammarico, nell’ambito del suddetto laboratorio, è che l’esiguità di tempo non ci abbia consentito di approfondire maggiormente il percorso delle mappe cognitive.