Sono partita da una mia convinzione molto semplice: “non c’è niente come la pratica che possa far capire se qualcosa funzioni realmente o meno”.
Mi sono chiesta in che modo fossero realmente spendibili all’interno delle classi in cui insegno le attività proposte a lezione, poiché lavorare tra laureati è un conto, ma riuscire a gestire un gruppo di venti ragazzi, che già faticano a rispettare le minime regole comportamentali mi sembrava un po’ improponibile. Tra i metodi proposti quello che mi sembrava più vicino alle mie esigenze e forse più fattibile in una classe di prima media è stato sicuramente il “Ragionamento collaborativo”, considerando anche il fatto che, avendo affrontato come argomento il testo descrittivo, l’occasione di sperimentare quello che abbiamo fatto alla Ssis, mi si è presentata su un piatto d’argento.
Devo dire che complessivamente il risultato è stato positivo. Inizialmente ho mostrato la fotografia alla classe attraverso il sito che mi era stato proposto a lezione, dicendo di osservarla attentamente, poi ognuno doveva scrivere su un foglio una serie di concetti che potessero descrivere l’immagine stessa. In un primo momento ho proposto loro di riportare solamente elementi visivi e solo in seguito di trascrivere sensazioni, ricordi, o altro che quell’immagine suscitava.
Diversamente da quanto fatto a lezione ho pensato di non far realizzare subito un testo descrittivo, ma di lavorare per gradi, cercando di creare un metodo che poi fosse riutilizzabile per loro. Per tentare di indirizzarli, ho chiesto appunto di dividere prima gli elementi tipici della descrizione oggettiva e poi in seguito hanno aggiunto tutti quei concetti che associavano all’immagine (descrizione soggettiva). Poi, dopo aver dato la regola tassativa di parlare solo previa alzata di mano, ho fatto scrivere su una delle due lavagne a disposizione gli elementi che avevano individuato, prima alla rinfusa poi, sull’altra, dividendoli per categorie.
Il momento più complicato è stato la divisione per categorie o gruppi perché ognuno aveva opinioni divergenti, allora abbiamo optato per individuare dei titoli da dare agli insiemi in modo da eliminare qualche contrasto. È però accaduto che, a mano a mano che si isolavano le categorie o i titoli dei nostri schemi, si aggiungevano spontaneamente dei concetti, legati all’immagine, che nella prima descrizione per punti i ragazzi non avevano individuato. Ho osservato positivamente che anche coloro che solitamente sono più timidi hanno espresso il loro parere e i leaders non si sono imposti con le loro idee, come accade spesso.
Dopo aver quindi individuato i gruppi di associazione ho chiesto ai ragazzi di descrivere con un breve testo l’immagine, ovviamente tenendo conto delle considerazioni fatte.
Gli elaborati che alla fine ho ritirato hanno presentato diversi stili e sono risultati più o meno corretti, ma tutti i ragazzi hanno saputo sfruttare coerentemente il lavoro attuato in classe soprattutto per coloro che solitamente evidenziano qualche carenza a livello di contenuto.
In conclusione direi che il metodo di lavoro verso cui nutrivo qualche riserbo si è invece rivelato costruttivo e coinvolgente stimolando i ragazzi al confronto e arricchendo i pensieri individuali con riflessioni esterne. I risultati sono stati complessivamente positivi considerando anche che si tratta di un iter sperimentato con loro per la prima volta e i ragazzi hanno dimostrato di aver interiorizzato il metodo.
Ecco il risultato del nostro lavoro. L’immagine che ho utilizzato è quella della bambina messicana nella discarica, bambina che i ragazzi hanno sentito molto vicino a loro anche per l’età. Ovviamente c’è ancora molto da lavorare soprattutto a livello di elaborato finale, ma è stato fatto qualcosa di diverso e la partecipazione attiva del gruppo mi spinge a dire che la direzione presa è quella giusta.