Mi riferisco al brain storming e alla mappa concettuale conseguente, operazioni che hanno sortito risultati a tratti inaspettati e che hanno richiesto un impegno notevole, soprattutto per quanto riguarda la parte cooperativa, che ha visto in alcuni frangenti un vero e proprio dibattito. Sicuramente il fatto che il tutto si sia svolto tra persone “mature” ha impedito la degenerazione nel caos, il che rappresenta il rischio maggiore a mio avviso lavorando con un gruppo di adolescenti e preadolescenti, difficilmente disposti a cedere sulle loro posizioni. Ad ogni modo il calarsi nei panni di chi sta dall’altra parte della cattedra ha costituito uno stimolo ad affrontare in maniera diversa le lezioni, a sperimentare, ma in particolar modo a essere più tolleranti verso quegli errori nei quali più facilmente incorrono gli studenti: tergiversare, alzare la voce per sovrastare gli altri, voler avere ragione a tutti i costi, non lavorare affatto…durante questo laboratorio abbiamo potuto sperimentare, con le dovute proporzioni, ciò che un’impostazione di questo tipo comporta per gli alunni.
Per quanto concerne la scrittura collaborativi posso dire di avervi fatto ricorso durante un’esercitazione di recupero di “italiano scritto” e devo ammettere che, con i dovuti accorgimenti (essenzialmente un’accorta regia fatta di stimoli continui e aiuto nei momenti di maggior stanchezza) , i risultati sono stati incoraggianti. Lo stesso dicasi per gli esercizi di scrittura epistemica, grazie ai quali ho notato un sensibile miglioramento nella produzione scritta di un buon numero di alunni, che forse non erano abituati a riflettere approfonditamente su quanto scritto.
Devo rilevare che avendo applicato tali pratiche con due diversi gruppi di lavoro ho riscontrato risultati molto diversi tra loro, ma in generale ho potuto notare come in questo modo gli alunni si siano sentiti più protagonisti del loro apprendimento, con la sentita speranza che il tutto non sia stato percepito semplicemente come un gioco, dato l’anticonformismo di una simile proposta didattica, soprattutto in una scuola molto tradizionalista quale quella in cui lavoro.
Per quanto concerne infine il ruolo del docente credo che in una simile pratica la cosa più difficile da far capire agli alunni (soprattutto se di “scuola media”) sia proprio il fatto che egli rimane tale, mentre questi tendono a dimenticarlo, vedendolo una volta tanto così “non cattedratico”.