Come sempre quando guardo una foto il mio atteggiamento è piuttosto razionale: mi soffermo sull’immagine in sé, scrutando i particolari, alla ricerca dei dettagli. Le emozioni vengono dopo, quando ho soddisfatto il mio occhio indagatore.
Questa immagine è proprio il tipo di immagine che solletica la mai mente e che mi spinge a osservare meticolosamente ciò che vedo. È una foto molto particolare. Strana. Di quelle che più la osservi e più scopri dettagli prima ignorati.
Il cielo, per esempio. È un po’ limpido, un po’ rannuvolato, bianco e azzurro. Sembra un cielo conosciuto: mi ricorda quello che ho osservato tante volte al mare. Il pomeriggio, infatti, capita spesso che all’orizzonte compaiano nubi simili a queste della foto, si affacciano sull’acqua, da cui sembrano emergere.
In mezzo al cielo inizialmente mi è parso di vedere delle mongolfiere: invece sono uccelli!
Il mio occhio ha bisogno di tempo prima di comprendere la natura delle cose! I rapaci nel cielo sembrano circondare la bambina in base a uno strano effetto: sembrano formare un’aureola.
Il terreno invece è molto caotico: è pieno di “cose” e qui il mio occhio si scatena: rifiuti, detriti, pietre, pezzi di oggetti. Quanti dettagli, quanti minuscoli particolari.
Al centro della foto c’è una bambina: ha raccolto un giornale, sembra lo stia leggendo o comunque osservando: magari non sa nemmeno leggere. In mano tiene un bastone di metallo. Forse le serve per scostare i detriti e trovare qualcosa di utile.
Quel signore sullo sfondo … chi può essere?
Probabilmente un turista: mi incuriosisce sapere dove si stia recando perché di fronte a lui non c’è nulla di “interessante”. Volta le spalle alla bimba: un’immagine simbolica, che può essere interpretata come una metafora dell’atteggiamento dell’Occidente ricco, nei confronti dei paesi più poveri.
Questa immagine mi comunica aridità, calore, disordine. Ma anche una piena consapevolezza di ciò che la bambina ha dentro di sé rispetto a quel tutto in cui è immersa, un tutto caotico, indistinto. Lo capisco dalle sue mani: grandi, troppo. Mani che lavorano, che sono già “adulte” e che non conoscono la dolcezza dell’infanzia.

Anna P.