Myla non aveva mai visto il mare. Conosceva però il termine per averlo sentito ripetere spesso dai grandi: «siamo circondati da un mare di macerie… da qualunque parte si guardi non c’è che un mare di desolazione… per tanto che si cerchi in questo mare di rifiuti non si trova mai niente di buono». Si era così fatta l’idea che il mare fosse una cosa molto vasta e infinita. Poi, un pomeriggio, mentre con il suo bastone è alla ricerca di qualcosa che possa esserle utile lo sguardo le cade su un vecchio giornale sgualcito. È attratta soprattutto dal colore di un immagine: azzurro! Con molta cautela libera il giornale dalle macerie ed ecco davanti ai suoi occhi l’immagine di un’immensa distesa di acqua sulla cui superficie galleggiano alcune barche. C’è anche uno scorcio di spiaggia dove alcuni bambini giocano, altri nuotano vicino alla riva. Finalmente ha visto il mare…un mare però destinato a bambini più fortunati di lei. Lei è costretta ogni giorno a vagare nel suo mare, che una stupida e inutile guerra le ha regalato.
RIFLESSIONI RELATIVE ALLA SCRITTURA EPISTEMICA
Per quanto riguarda il commento alla fotografia, la mia scelta è stata quella di produrre un testo sintetico, ma che nello stesso tempo fosse in grado di comunicare le sensazioni che l’immagine mi ispirava. Avvalendomi degli spunti di riflessione proposti dalle slides discusse in aula ho ritenuto opportuno essere più convincente ed incisiva nell’esposizione e per questo ho deciso di dare un nome alla protagonista della fotografia, che in un primo momento avevo chiamato genericamente «la bambina». Ho inoltre eliminato alcune frasi che, a mio parere, distoglievano dal punto principale del mio discorso.