INCONTRI
Paolo Macchi, pescatore, oggi pensionato, dell’isola di Favignana. L’ho incontrato al porto, guardava verso Levanzo, l’isola che, per tutti i pescatori delle Egadi, segna il Nord “assoluto”.
Io tornavo da un incontro con i docenti della scuola Rallo. Li avevo “dispersi” per l’isola a registrare suoni: e il mare è una tonica ed anche il vento è una tonica. Paolo invece è una preziosa “impronta sonora”: va ascoltata e, come ci suggerisce Schafer, merita di essere preservata, conservata.
Mi racconta, in pochi minuti, della sua vita sul mare, meglio sui mari perché è stato in Sud America, in Canada, in Africa e su, su, fino ai mari d’Oriente.
Mi parla dei venti e mi spiega del Maestrale di oggi e, con la mano, me lo mostra: là, dice, oltre Levanzo, a Nord-Ovest.
Una vita sul mare, e si vede: le mani ancora forti, la pelle segnata dal sole e dal tempo.
E poi, ancora, mi racconta del tonno rosso, delle reti gigantesche che durante la “Cafara” andavano a formare le camere comunicanti della tonnara e, ancora, mi mostra … il mare.
Mi parla veloce, in un italiano sicilianizzato, o meglio in un siciliano italianizzato: i verbi sempre in fondo. Non capisco tutto, ma non chiedo, lo lascio parlare nella sua lingua che mi ricorda i griot di Sicilia, i cantastorie come Ciccio Busacca, i poeti come Ignazio Buttitta.
Zio Peppe, per l’anagrafe Giuseppe Giangrasso, memoria storica della tonnara di Favignana. Mi racconta del lavoro nell’ex stabilimento Florio, quando ancora in funzione, vi lavoravano 800 persone delle quali 100 lavoratrici donne. Mi regala il canto che, al momento della mattanza, i pescatori intonavano per coordinarsi nel momento più difficile e pericoloso.
Clemente, soprannominato il “leone bianco” di Favignana: lo incontro sulla banchina, mi sto imbarcando per ritornare e mi rimane solo il tempo per scambiare due parole. Il suo volto, un’icona, un libro di storia: non è difficile leggervi dei Vichinghi, gli uomini del Nord che pure arrivarono in Sicilia. Peccato, mi avrebbe raccontato della sua vita sul mare: 47 stagioni di mattanza, migliaia e migliaia di tonni tirati su a braccia. Gli avrei voluto chiedere del suo mitico “incontro” con lo squalo del quale porta ancora, appeso al collo, meritato trofeo, un dente…
Sarà per un’altra volta.
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