Marginalia presenta in sequenza una serie di pagine dove il testo si affianca alla fotografia nel tentativo di indagare le possibili relazioni e i diversi intrecci che intercorrono tra due linguaggi, quello della parola scritta e quello fotografico.
Gli autori hanno cercato di far dialogare parola scritta e immagine fotografica mantenendole comunque indipendenti: la fotografia non spiega il testo e il testo non spiega la fotografia, nel tentativo di favorire così un dialogo fecondo tra i due linguaggi, dove testo e fotografia, “parlandosi” – e conservando anche separatamente un loro senso – producano un nuovo ed originale discorso.
L’autore suggerisce un approfondimento sulla comunicazione multimodale. Nella prima parte del libro si rivolge agli insegnanti di fotografia e di Educazione all’immagine. Con “fotografare per descrivere” e “fotografare per evocare” presenta le due modalità principali a cui lo studente può ricorrere per lavorare con le immagini fisse: la prima più legata a un’attività di restituzione fedele di un determinato luogo, la seconda invece più adatta a esprimere sentimenti e vissuti personali. La parte relativa al “fotografare per descrivere” si organizza attraverso una serie di schede didattiche che presentano i generi fotografici più importanti (paesaggio, street, ritratto, reportage, ecc.); ogni genere viene inoltre completato con un riferimento a un autore tra i più autorevoli, presentato attraverso la sua biografia e la sua poetica fotografica. La parte relativa al “fotografare per evocare” si sviluppa invece attraverso una serie di spunti tematici inerenti all’agire fotografico: riflessioni sulla motivazione del fotografare, sul tempo, sulla relazione tra fotografia e poesia, sull’inconscio tecnologico, ecc.
L’autore ha raccolto i suoi scritti sull’agire fotografico realizzati nel corso degli anni. Sono brani che affrontano tematiche di vario genere: alcuni riassumono il senso di alcune ricerche fotografiche realizzate in occasioni diverse; altri si presentano come semplici riflessioni su fotografie scattate durante viaggi realizzati in terre lontane e fissate sulla carta a distanza ormai di molti anni. Altri scritti invece hanno la presunzione di affrontare alcune tra le problematiche più importanti sul linguaggio della fotografia, domande che ogni fotografo si pone, riflettendo in modo particolare sul suo vissuto fotografico. La scrittura viene quindi usata come un grimaldello, uno strumento, una chiave per interrogarsi nel tentativo di dare risposta a quella domanda, sempre presente e mai definitivamente chiarita: perché fotografiamo, perché sentiamo il bisogno di fotografare?